The Ugly Duckling: KHS Urban Xcel, part 5.
Finalmente il Brutto Anatroccolo (Ugly Duckling) è diventato cigno! Ho completato l’assemblaggio della KHS Urban Xcel, un commuter pensato per gli spostamenti urbani che ha catturato la mia attenzione per le geometrie e l’acciaio Reynolds 520 a doppio spessore del suo telaio.
Riassumendo, nelle mie intenzioni c’era il desiderio di trasformare una paciosa bicicletta per uso cittadino ed extraurbano in un mezzo più sportivo e vocato all’avventura grazie alla qualità del materiale e alle geometrie del suo telaio e credo di esserci riuscito appieno. Volevo una bici in grado di affrontare una più ampia varietà di fondi stradali e con l’adozione di una nuova trasmissione e la sostituzione delle coperture originali con dei copertoncini maggiorati e più aggressivi il primo obbiettivo è stato centrato. Gli interventi estetici contano solo per l’occhio mentre l’adozione di una piega manubrio classica ma rivisitata, con dimensioni maggiori e forme pensate per il fuoristrada e le lunghe percorrenze, ha reso la KHS Urban Xcel non solo più sportiva ed aggressiva ma anche più performante sull’asfalto come sugli sterrati e le strade bianche.
In sintesi ho sostituito l’originale mix di componenti Shimano Alivio, Truvativ e Microshift 52-42-30 a 27 velocità con una trasmissione più vocata al fuoristrada (e alle mie gambe), migliore ma senza esagerare, formata da una guarnitura a 10 velocità Shimano Deore 48-36-26 con movimento centrale a calotte esterne, cassetta Shimano SLX 11-34 denti, e comandi Microshift da triathlon/crono alle estremità del manubrio. Se l’adozione di questa tipologia di comandi risponde a criteri di sicurezza per il ciclista avventuroso che nel caso di una rovinosa caduta non corre il rischio di perdere in un colpo solo sia il comando frenate che quello della trasmissione, nell’uso ho sperimentato quanto pratici e rapidi siano nell’attuazione del cambio di rapporto e li monterò sicuramente su altre bici: sono semplici nella costruzione, pratici ed affidabili. Dal punto di vista tecnico esistevano problemi di accoppiamento nel far coesistere comandi cambio da strada, guarnitura touring, cassetta e deragliatore posteriore da mountain bike all’interno di una trasmissione a 30 velocità ma l’ampia documentazione disponibile in rete mi ha permesso di azzeccare ogni mossa; a tal proposito ho adottato un deragliatore Shimano Deore a 9 velocità per mtb che si sposa perfettamente con gli input del comando cambio indicizzato Microshift da strada: è l’unica soluzione praticabile per aggirare l’incompatibilità nel rapporto di tiraggio del cavo tra i comandi strada e quelli per mountain bike di Shimano. Al posto di Microshift avrei potuto utilizzare gli equivalenti Shimano, ma aspetto e costo mi hanno indirizzato verso i primi. Una breve nota sui freni: ho montato una coppia di freni a disco meccanici Hayes MX4 da mountain bike con leve DiaCompe, anch’esse per mtb, con rotori da 160mm, Fate attenzione: le leve freno per strada hanno un tiraggio diverso rispetto a quelle per freni a disco meccanici o v-brake per mountain bike e i kit frenanti costano assai di più. Avendo optato per i comandi cambio disgiunti dalle leve dei freni ho evitato il tranello della marcata differenza di prezzo esistente tra le due dipologie di freni.
Infine due parole su manubrio e ruote. La scelta del primo è caduta sul modello Midge di On-One, principalmente per ragioni di costi perchè sul mercato esistono poche alternative (Salsa, Soma Fab su tutte) decisamente più costose. E’ una piega manubrio pensata per il fuoristrada (più largo per un migliore controllo) e con un drop meno marcato dei modelli da strada. Va posizionato sopra la linea della sella, quindi con un attacco manubrio dall’inclinazione importante (35° nel mio caso) se il cannotto della forcella è già stato tagliato a misura (da altri, in fabbrica). Poi occorre trovare la giusta inclinazione delle estremità per una presa confortevole e sicura quando la pista diventa impegnativa. Ovviamente va relazionata alla propria altezza e alla posizione che si assume in sella e per quel che mi riguarda 32° sono l’ottimale. Lo stesso dicasi per il successivo posizionamento delle leve freno che costituiscono un’altra base di appoggio per le mani e un’ulteriore alternativa di presa del manubrio. Le ruote invece sono rimaste quelle del montaggio originale, un po’ pesanti ma rivestite da due coperture di ben altro diametro rispetto alle originali Kenda Kwest 700x35c stradali. Ho montato due copertoni Schwalbe Smart Sam tassellati, scorrevoli su asfalto ma non una buona presa nel fuoristrada; da 1.60″ all’anteriore e da 1.40″ al posteriore. Gomme un po’ più grandi significano più aria al loro interno quindi un maggior confort in marcia. Devo dire che sia all’anteriore che al posteriore c’è luce sufficiente per aumentare ulteriormente le dimensioni della gomma passando all’1.75″ davanti e spostando l’1.60″ dietro, dal momento che non intendo montare parafanghi che ruberebbero spazio alle coperture. Non sono ancora intervenuto sulle ruote perchè avrei l’intenzione di cambiarne il formato passando a cerchioni in 650B/27.5″. Quale il senso? Ruote gommate in 700c e in 650B hanno praticamente lo stesso diametro complessivo ma le seconde monterebbero una gomma un po’ più grande, quindi più aria, quindi maggiore comodità durante la marcia. Non a caso la ruota 650B era già in voga in Francia prima del secondo conflitto mondiale, diametro di riferimento per bici touring e randonneur, ma è stato prepotentemente riscoperto soltanto qualche anno fa dall’industria della mountain bike.
Dopo svariate centinaia di km percorsi su asfalto, strade bianche e in terra battuta, in pianura e in collina, non posso che essere entusiasta della scelta fatta lo scorso autunno. La KHS Urban Xcel customizzata “adventure” è confortevole, robusta, agile e precisa, si arrampica ovunque e non ha paura delle discese più veloci. Non è una bici da strada, nè una mountain bike ma un qualcos’altro assai divertente ed economicamente meno impegnativo. Un modo intrigante e meno convenzionale per godersi la strada, qualsiasi tipologia di percorso, nel tempo libero. Un’esperienza di garage assolutamente da ripetere col prossimo telaio in acciaio.
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https://www.ruoteparlanti.com/the-ugly-duckling-khs-urban-xcel-part-5/https://www.ruoteparlanti.com/wp-content/uploads/2014/07/khs_xcel_2013_058.jpghttps://www.ruoteparlanti.com/wp-content/uploads/2014/07/khs_xcel_2013_058-300x300.jpgGarageadventure,bike,commuter,deore,gravel,khs,microshift,midge,on one,ruoteparlanti,shimano,urban,xcel
@ Silvio Lorenzi:
ciao, mi hai fornito mail sbagliata per cui non sono riuscito a risponderti privatamente, comunque grazie per le belle parole!quando si affronta l’upgrade di una bici oppure si pianifica un allestimento partendo dal solo telaio la ricerca dei componenti, all’interno di un progetto ben ponderato, è sicuramente la parte più divertente.
Bel progetto, vorrei chiederti di spendere qualche parola in piu sul manubrio ed anche agli eventuali concorrenti se ne sai qualcosa.
Sto perfezionando la mia Surly Straggler, con uno spirito simile al tuo.
Casa/lavoro e sterrato veloce/strada. Monto e smonto il portapacchi al bisogno nei fine settimana, *sò 4 viti se po fà*. Al momento la uso in singlespeed, vivendo a Roma, anche carico non sento l esigenza del cambio e mi risparmio un sacco di noie.
Vorrei appunto montare un drop-bar da off-road, ma non avendo esperienze vorrei dei consigli.
Lo farei per la molteplicità delle posture eseguibili ma anche per estetica. Mi piace davvero tanto.
Ho trovato queste scelte,ma oltre ad un fattore estetico, per me i numeri non hanno un significato concreto non avendo esperienza.
WTB Mountain Road Drop Bar
OnOne Bingo Handlebar
OnOne Midge bar
origin 8 gary bar
JUNEBUG BAR somafab
ed ovviamente il super famoso Salsa woodchipper.
Il costo è importante ma visto che tanto la bici è marciante, posso aspettare un po di più ma prendere il manubrio definitivo.
Senza dubbio Oversize la sezione attacco. Quello che ho ora flette troppo.
Pinze meccaniche road appena prese….
Grazie per la condivisione delle tue esperienze.
francesco.
Ciao Francesco!
A scanso di fraintendimenti ho scelto il Midge bar di OnOne perchè era il più economico sul mercato (comunque apprezzatissimo worldwide)e il più facile da reperire; ne ho acquistati due, nero da 25.4mm e oro da 31.8, e mi sono trovato meglio con quello di diametro maggiore, sono alto 175cm.
Altri non he ho provati ma ho impiegato un po’ di tempo a trovare il posizionamento posturale migliore facendo numerosi test con attacchi manubrio diversi sia per lunghezza che inclinazione e, soprattutto, inclinazioni diverse del drop-bar.
Sulla carta si assomigliano un po’ tutti per cui ritengo che i fattori più importanti da considerare siano la larghezza del manubrio nella parte superiore e l’ampiezza della “caduta” delle estremità oltre alla loro deriva esterna.
A questo proposito ti segnalo il catalogo di Soma che propone tre modelli diversi: il Junebug che hai citato, il Portola (26mm di diametro, due larghezze, geometrie uguali al Junebug) e il nuovissimo Gator che ha forme decisamente più spinte.
Ho invece usato l’Odin di Soma che non è un drop-bar ma lo trovo molto funzionale sia alla pratica della mountain bike, che per bikepacking e cicloturismo.
Puoi dare un’occhiata anche a questi post:
–http://www.ruoteparlanti.com/e-tu-che-manubrio-sei/
–http://www.ruoteparlanti.com/soma-odin-vs-crank-brothers-cobalt-1/
grazie,
Enrico
Salve Enrico,
innanzitutto complimenti per il bel blog e soprattutto per questa bici che mi piace tantissimo. Immagino che tu abbia una buona esperienza d’uso con i freni a disco (meccanici) e volevo quindi chiederti cosa ne pensi, in particolare confrontati con freni v-brakes o cantilever.
Io finora non ho mai provato bici con freni a disco. Mi attira molto la loro capacità frenante in condizioni di bagnato (in futuro mi piacerebbe fare randonneuring), tuttavia chi non li gradisce evidenzia come difetti il fatto che il rotore può piegarsi facilmente, e il fatto che vanno regolati spesso per evitare lo strisciamento dei pattini ed avere una buona messa a punto.
Tu cosa ne pensi? Che vantaggi e svantaggi trovi con i freni a disco?
ciao Marco,
Innanzitutto mi scuso per l’enorme ritardo nella risposta ma non ho ricevuto alcuna segnalazione quindi devo pensare che ci sia qualcosa nei meccanismi di gestione dei commenti che non funziona…detto questo andiamo all’argomento freni. Alcuni anni fa quando Cinelli presentò in fiera la sua Hobo, che è un mezzo pensato per l’avventura e il cicloturismo, ebbi un confronto con un tecnico proprio sull’argomento freni dal momento che relativamente allo splendido mezzo, nel suo insieme, non c’era nulla da aggiungere. Dissi:”L’avrei preferita con un paio di freni a disco meccanici…” e lui mi rispose:” Sono di gran lunga più affidabili i cantilever, soprattutto quando si ha a che fare con polvere,sabbia e fango”. In effetti quando cominciai a pedalare in fuoristrada le poche mountain bike di allora (1987) montavano solo freni cantilever di estrazione ciclocrossistica, e la mia Cinelli Argento Vivo non faceva eccezione. Oggi però le cose sono cambiate e l’introduzione dei freni a disco ha comportato un’autentica rivoluzione epocale nel ciclismo fuoristrada e non. Vantaggi e svantaggi si possono riassumere in alcune banali osservazioni: non c’è paragone a livello di potere d’arresto (freni a disco) ma la leggerezza premia altre soluzioni (cantilever). Circa l’obiezione del tecnico Cinelli invece non mi pare che sabbia, polvere e fango costituiscano un problema per downhiller che si lanciano a tutta velocità per discese mozzafiato o maratoneti che partecipano a raid di centinaia di km sui tracciati impegnativi di Africa e Australia. E’assolutamente vero che sporcizia in generale e sabbia in particolare riducono l’efficienza dei sistemi a disco e aumentano l’usura delle loro pastiglie, ma si ovvia tranquillamente portantosi appresso una dotazione di pastiglie di ricambio (e qualche cavo di riserva) tanto più importante quando maggiore è la lunghezza del viaggio. Circa i dischi questi si piegano o si rompono quando sono sottodimensionati o nel caso di una caduta rovinosa (e sfortunata) che ragionevolmente causerà ulteriori danni al mezzo. In tuttà onestà nè a me nè ai miei numerosi amici che praticano ogni sorta di disciplina legata alla mtb è mai capitato di piegare un disco originale, ho visto invece dischi perdere addirittura la pista frenante ma si trattava di prodotti aftermarket montati per risparmiare qualche manciata di grammi anche in quello zona della biciletta. Infine il capitolo regolazione:i freni a disco meccanici, a differenza di quelli idraulici, non godono dell’autoregolazione della distanza delle pastiglie, che con l’uso perdono spessore (ma non con la frequenza che sostengono i detrattori), rispetto alle piste frenanti dei rotori innescata dalla spinta dei ciclindretti che agiscono sotto di loro ma è un problema di poco conto se si ha l’accortezza di acquistare freni che consentono la regolazione della distanza di entrambe le pastiglie. Gli Avid BB7, sia nella versione Road che MTB, lo consentono e non a caso sono leader di questo specifico settore, ma anche i più leggeri e costosi TRP Spyke lo permettono e sono un must per chi pratica ciclocross; in alternativa Tektro propone i modelli Aquila per mountain bike e Lyra per strada/ciclocross, entrambi con la doppia regolazione delle pastiglie, interessanti per il prezzo e per il peso. Dal punto di vista dell’attuazione della frenata non vedo grosse differenze tra sistemi a disco meccanici, cantilever o v-brake essendo la frenata proporzionale alla forza con cui si agisce sulle leve, mentre in un sistema idraulico basta una leggera trazione per attivare la massima potenza disponibile. Inoltre la frenata con un sistema meccanico può risultare più o meno lunga (il cavo in forte trazione subisce un pur minimo allungamento) e più o meno immediata a seconda della distanza delle pastiglie (o dei pattini) rispetto alla pista frenante mentre in un sistema idraulico è più rapida e meno faticosa, anche se ripetuta più volte in rapida successione. In definitiva credo che la sicurezza derivante da un maggiore potere d’arresto, soprattutto se la bici è a pieno carico, costituisca un vantaggio tale da far dimenticare il peso e i piccoli fastidi provocati dalla messa a punto del sistema. Inoltre, sarà anche l’abitudine a regolare i freni a disco meccanici e idraulici delle mie bici rispetto alla desuetudine nella gestione di altri sistemi frenanti, oggi perdo più tempo quando devo regolare i pattini dei v-brake della citybike della mia compagna piuttosto che i sistemi idraulici o meccanici degli altri mezzi in garage.
Grazie della risposta molto esauriente! 🙂